Diario Saharawi: un bilancio finale, uno sguardo all'indietro

Cultura
Mercoledì, 26 Aprile 2017

Siamo tornati a casa sabato 22 aprile. Varcando la porta di casa, mi sono quasi sentito di nuovo uno straniero. Venivo dal Deserto, da lontano, molto lontano.

Non avevo mai varcato le porte dell’Europa, l’Africa era sempre stato un sogno, un luogo che mai avevo pensato di poter visitare in vita mia; avevo immaginato difficoltà insormontabili, ostilità senza fine. L’Africa mi faceva paura. E invece, quasi per caso, mi sono ritrovato a viverci per una settimana, in uno dei luoghi meno turistici e meno noti del suo gigantesco territorio: i Campi dei Rifugiati Saharawi, in Algeria, al confine con il Marocco e la Mauritania. Qui devo correggere l’articolo che scrissi due giorni prima della partenza: titolai “Punto Radio e Cascina Notizie nel…Sahara Occidentale”. Ecco, non è del tutto corretto. Il Sahara Occidentale è la zona attualmente occupata dal Marocco che i Saharawi rivendicano  e per cui lottano. Però effettivamente mi trovavo nel Sahara.

La dimensione onirica, scaturita dalla lunga e intrepida attesa, stava per lasciare spazio alla dura realtà in cui stavo per imbattermi.

Molte le cose che ho imparato. Ho imparato la sacralità dell’acqua, il cui valore inestimabile viene troppo sottovalutato. Mi sento tutt’ora a disagio quando penso a quanta acqua uso e di cui abuso, in confronto alla quantità di cui avremmo bisogno. Ho imparato, inoltre, che possiamo estendere molto i nostri concetti di "superfluo" ed "essenziale". Vorrei che tutti potessero riflettere su entrambi e quanto e come considerano l'uno e l'altro. Per una settimana non ho potuto fare la doccia o lavarmi integralmente. Per la prima volta ho preso contatto direttamente col mio corpo, imparando a conoscere i suoi tempi, i suoi processi, i suoi odori.

Ho imparato a come comportarsi con una cultura diversa. L’Europa e il Mondo Occidentale, pur essendo variegati e plurali, risentono molto dei processi di globalizzazione che, se da un lato avvicinano i popoli, dall’altro, innegabilmente, hanno appiattito molto l’evolversi delle differenze. Ritrovarsi in un paese musulmano, a stretto contatto con la cultura araba, non mi era mai capitato. Ho imparato che giudichiamo troppo facilmente anche quello che non conosciamo assolutamente. Ho imparato che i nostri pregiudizi si possono rompere solo se ci caliamo in una dimensione altrui. Sono fermamente convinto che molti di noi avrebbero molta meno paura se potessero vivere pochi giorni con le persone o con la cultura verso cui sentono idiosincrasia. Le persone dialogano fra di loro, si scambiano idee, emozioni ed esperienze con molta più facilità di quanto le sovrastrutture politiche, ideologiche e religiose vogliono farci credere e pensare. Ho imparato molto dal contatto con l’Alterità assoluta, la Differenza radicale, dalla Bellezza del sentirsi Ospite in una terra straniera, trattati come figli da una famiglia sconosciuta ma con cui abbiamo, noi della spedizione, legato così tanto che ci ha fatto più male il ritorno dell’arrivo.

Mi sono innamorato degli occhi e degli sguardi delle donne che, ovunque, per motivi inconoscibili, si sentono ovunque addosso a sé, anche se guardano altrove. Magari quell’altrove siamo noi venuti da lontano.

Ho imparato la tenacia, l’audacia, l’orgoglio delle proprie lotte, costi quel che costi.  A loro costa, ogni giorno, una vita difficilissima, fatta di sacrifici. Nonostante tutto questo, nessuno potrà togliere a quel Popolo lo sguardo fiero, dritto e aperto verso il futuro.

Ho imparato che noi occidentali non siamo gli unici nel mondo, anche se ci fa molto comodo pensarlo. È bene lasciare i nostri parametri e le nostre categorie al Gate dell’aeroporto, per riempirsi d’Altro.

Enivrez-vous, specialmente del tramonto nel Deserto.

Sono cresciuto con i miti di Terzani, Chatwin, Kapuscìnskì. L’emozione di poter fare anche un millesimo di quello che hanno fatto loro, nel corso delle loro incredibili vite, mi colmava di gioia.  Ho imparato che nella vita mi piacerebbe tanto fare questo lavoro, cioè raccontare storie da quell’altra parte della frontiera, dall’al di là del confine, qualsiasi essi siano.

Infine, un grazie a TUTTA LA MIA REDAZIONE che ha creduto in questa mia avventura, a Luca Doni il Direttore, a Massimo Corsini per la velocità e la disponibilità con cui pubblicava tutto quello che inviavo da Lontano, a Carlo Palotti per i consigli tecnici e a Massimo Marini. Un grazie speciale all’editore Giacomo Morabito per la fiducia totale.

Un abbraccio a tutti i ragazzi di Looking4 per la gioia e lo spirito con cui affrontano le sfide e per essere dei compagni di viaggio che tutti vorrebbero; Voglio ringraziarli uno per uno: Alice Vannozzi, Adriano Drammissino, Flaminia Vannozzi, Andrea Spinelli, Francesco Paci, Silvia Marmugi, Francesca Tronci.

Grazie alle famiglie Saharawi che ci hanno ospitato, non mi sono mai sentito così tanto “ a casa”.

Grazie a tutti i miei lettori, tantissimi che mi hanno seguito giorno per giorno. Grazie.

jacopo.artigiani