Al Teatro di Buti in scena la nuova produzione di Dario Marconcini "Ecuba, la cagna nera"

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Buti
Venerdì, 2 Dicembre 2022

Il direttore artistico del Teatro di Buti Dario Marconcini metterà in scena la sua nuova produzione "Ecuba, la cagna nera" da le Troiane di Euripide ,con Giovanna Daddi, regia Dario Marconcini, produzione Ass.ne Teatro Buti

La produzione verrà messa in scena nei giorni 7,8,9,10 dicembre alle ore 21.15 alla Sala di Bartolo, Buti e il giorno 11 dicembre alle ore 18.00 alla Sala di Bartolo, Buti.
 

Fra le molte vittime che agitano “Le troiane” di Euripide spicca la figura di Ecuba che riassume su di se’ tutta la sofferenza , il dolore, la disperazione , il vuoto, l’impotenza delle donne vinte e violate dalla guerra,ridotte in catene,orfane o vedove con i beni saccheggiati, le case in fiamme, in attesa di un incerto futuro da schiave. 
 Lungi dal volere attualizzare questa tragedia ( e ce ne sarebbero dei riferimenti con l’oggi !) dobbiamo renderci conto che i versi di Euripide ci portano nella dimensione del mito,una dimensione che supera lo spazio e il tempo e ci avvicina all’eternita’; il testo de “Le troiane” appartiene ai classici i quali “raggiungono la nostra anima scavando nei suoi inaccessibili labirinti”.            
 Inoltre pensare a questa donna sola, vecchia, che ha perso tutto e tutti, lei che era regina, ora ferma, davanti alla distesa del mare, con alle spalle la città di Troia che brucia, le mura e le case che franano, ti fa venire a mente il vecchio Schliemann che,come un cercatore d’oro, sommuove la terra, strato dopo strato, fino ad arrivare a scoprire Troia e il suo tesoro. Ed è, pensando alle rovine ora alla luce in quella collina, alla memoria e alle testimonianze di quelle pietre, che le parole di Ecuba, come quei sassi, attraversando i secoli,arrivano a noi pregne di umanità.        
  L’ho voluta lasciare lì, sola, indifesa, simbolo della caduta, della fine, dell’addio, del distacco.
 E’ suo il punto di vista dei vinti e la loro disperazione. Ma, attenzione, con Euripide siamo nella radura del mito, non c’è niente di patetico , ma piuttosto di sublime e quei versi , che arrivano a noi da così lontano, riscattano ogni cedimento al compianto.
 Infine, perché cagna? Perché, secondo il mito, durante la traversata in mare da schiava,Ecuba si trasformò in cagna e raggiunse Ecate, e anche Dante così ce la ricorda nell ‘Inferno: “forsennata latrò si’ come cane / tanto il dolor le fe’ la mente torta”.      

 

redazione.cascinanotizie