Alzheimer, uno studio pisano apre la strada alla diagnosi precoce

Cultura
PISA e Provincia
Mercoledì, 11 Giugno 2025

La ricerca coordinata dalla Scuola Superiore Sant’Anna: modelli matematici per riconoscere i sintomi prima che la malattia diventi clinica

Capire se i vuoti di memoria siano semplici segnali dell’età o i primi campanelli d’allarme dell’Alzheimer potrebbe diventare molto più semplice e accessibile. È questo l’obiettivo di uno studio appena pubblicato sulla rivista Alzheimer's Research & Therapy, coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi e l’Università di Firenze.

Il gruppo di ricerca ha sviluppato un metodo innovativo che unisce l’analisi dell’elettroencefalogramma a modelli matematici avanzati. Il risultato è uno strumento diagnostico potenzialmente più semplice da applicare rispetto agli esami oggi utilizzati, come la PET cerebrale o l’analisi del liquido cerebro-spinale. Lo studio si è basato sull’osservazione di 124 pazienti anziani, di cui 86 con disturbi cognitivi soggettivi, e ha dimostrato una capacità predittiva dell’88% rispetto ai risultati degli esami clinici tradizionali.

«Non solo siamo riusciti a prevedere il rischio di sviluppare Alzheimer prima della comparsa di sintomi evidenti, ma l’abbiamo fatto con una tecnica più accessibile per ospedali e pazienti», ha spiegato Alberto Mazzoni, docente di Bioingegneria e coordinatore dello studio.

Il progetto, durato oltre quattro anni, rappresenta un primo passo verso una diagnosi precoce realmente fruibile nella pratica clinica quotidiana. «Identificare l’Alzheimer nelle sue fasi iniziali è oggi fondamentale – sottolinea Valentina Bessi, neurologa al Careggi e professoressa all’Università di Firenze – perché consente di accedere a trattamenti innovativi e migliorare la qualità della vita dei pazienti».

Alla base del metodo c’è la creazione di una sorta di “gemello digitale” del cervello di ogni paziente, capace di simulare i cambiamenti dell’attività cerebrale associati all’insorgenza dell’Alzheimer. Il prossimo obiettivo sarà ampliare il campione e validare i risultati a livello europeo.

«Stiamo già lavorando a una fase successiva dello studio che coinvolgerà altri centri di ricerca internazionali», ha concluso Mazzoni.


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massimo.corsini