Buscemi sulla situazione del teatro

Cronaca
Cascina
Sabato, 3 Settembre 2016

Con un lungo intervento, che riportiamo integralmente, Andrea Buscemi torna a parlare della situazione alla Città del Teatro.

Si nota un certo fermento polemico attorno alla Città del Teatro di Cascina, dunque per dovere di presidente della Fondazione che la gestisce, è bene chiarire alcuni punti fondamentali: 

L’attuale CdA sta ancora vagliando con attenzione numeri, bilanci e prospettive di una situazione niente affatto rosèa.  Peraltro lo ha fatto finora con i documenti che sono stati messi a sua disposizione - che forse non sono del tutto esaustivi - e in un mese notoriamente contrassegnato dalle ferie: lunedì torneranno al lavoro tutti i dipendenti della struttura coi quali avrò il piacere di confrontarmi per meglio capire il passato e il presente e gettare le basi del nostro futuro.

Un dato è certo, anzi certissimo (lo ribadisco per evitare ulteriori equivoci): al di là del bilancio (ancora da soppesare con attenzione) nel giugno di quest’anno (cioè nel periodo di ballottaggio per la nomina del Sindaco) il vecchio CdA della Fondazione ha contratto un finanziamento con una Banca per 900mila euro, che dovranno essere restituiti in rate mensili di 13mila euro, cioè circa 160mila euro l’anno per sei anni e mezzo, con ultima rata da pagare il 31 dicembre  2022. In pratica per l’operazione sono stati impegnati (e anche dati in garanzia) gran parte dei finanziamenti comunali (che ammontano a 260mila euro l’anno), privando di fatto la Fondazione di un significativo sostegno per la propria attività, a partire già dal mese di luglio di quest’anno. Va da sé (a meno che non si voglia fare un sofisma o peggio della fantascienza) che il debito con la Banca (direi che di debito si tratta) è stato contratto dal vecchio cda per ripianare qualcosa: nei prossimi giorni  l’attento studio dei bilanci ci dirà meglio cosa.

Oltre a questo finanziamento, sempre nello stesso periodo il vecchio cda si è fatto anticipare dalla Banca altri 100mila  euro che verranno restituiti all’arrivo di parte del contributo ministeriale. Anche qui non è dato ancora sapere quale impegno questo finanziamento andava a coprire (ancora ce lo dirà lo studio dei bilanci), ma dato che andrà subito ripianato dalle sovvenzioni ministeriali, sembra che per esso valga il famoso detto di “aver mangiato l’uovo in culo alla gallina” (mi si perdoni la sapida oscenità, ma dato che il dètto è di origine toscana, consente di capirci perfettamente).

Insomma, il debito (con una Banca) di un milione di euro esiste, eccome.

Questi per quanto riguarda i conti (almeno ciò che appare in modo lampante e inequivocabile).

Resta da dire qualcosa in merito alle divergenze di opinione con la direzione artistica, che lamenta una nostra certa pressione acciocché le compagnie di prosa da lei proposte per la prossima stagione ci accordino uno sconto sui cachet.

Da uomo di teatro, sinceramente non ne capisco lo scandalo: nel nostro settore è un fatto normalissimo chiedere o concedere sconti, fa proprio parte della prassi quotidiana (io ho ottenuto sconti in pratica da tutto il teatro italiano quando ero direttore artistico dei teatri comunali di Montepulciano, Sarteano, Portoferraio o del festival 11Lune di Peccioli, e ne concedo regolarmente a tutti gli spazi che ospitano la mia compagnia di giro). E dato che la direzione artistica della nostra struttura parla di “momento difficile per il Teatro”, si converrà senz’altro che il momento riguarda non solo attori e compagnie ma gli esercizi stessi.

Appare perciò fondamentale (morale, direi) venirsi incontro: non credo che pagare 8 o 9mila euro anziché 10mila lo spettacolo di Lella Costa o Lillo & Greg possa causare loro grande danno, anzi da onesti teatranti quali sono essi possono dimostrare, col loro “sacrificio”, di avere a cuore non solo la Città del Teatro che li ospita, ma tutto il sistema teatrale stesso (che oggi, credetemi, ha davvero un grande bisogno di “venirsi incontro” vicendevolmente). L’attuale direzione artistica dovrebbe far di tutto perché ciò accada, difendendo perciò gli interessi della Fondazione (del resto è il suo mandato), non quello di altri (che sono spesso compagnie di giro iper sovvenzionate).  Laddove ci fossero ottuse ( e inspiegabili) prese di posizione, non sarà difficile sostituire le compagnie poco disponibili con altre più comprensive e lungimiranti.

Va da sé che oggi come non mai in Italia si sente il bisogno di un approccio diverso nella gestione degli enti culturali, giacché nei teatri pubblici ( o che almeno godono di finanziamenti pubblici), come dappertutto, è finito quel tempo di “vacche grasse” che ha consentito a tanti di elargire con troppa disinvoltura e senza il criterio del buon padre di famiglia. Evitare così il perseverare di cattive abitudini (e via via anche di sterili prese di posizione perché la “linea del Piave” evocata dalla direzione artistica, non si trasformi col tempo, per una parte del Teatro italiano, in una Caporetto) è un imperativo addirittura etico. 

massimo.corsini