Eusebio, un racconto

Domenica, 2 Giugno, 2019 - 10:15

#millecaratteri di Athos Bigongiali vai all'achivio

 

Aveva messo su qualche chilo di troppo ma era lui, lo riconobbi, e subito lo chiamai: “Eusebio!”.

Sapevo che non era il suo nome, ma chiamarlo Eusebio mi ricordava le nostre partite nella squadra del quartiere, dove io giocavo, quando giocavo, da mediano e lui da attaccante ed erano bei ricordi perché grazie ai suoi gol vincevamo spesso, una volta perfino la finale del campionato dei rioni cittadini.

"Te ne rammenti?”, gli dissi mentre lo abbracciavo. Mi rispose di sì e ricambiò il mio abbraccio, ma poi si guardò intorno e disse: “E gli altri?”.

Capii che si riferiva ai nostri compagni di allora, a quei ragazzi che quasi lo soffocarono di baci alla fine della partita. La nostra squadra aveva vinto grazie a un suo magnifico gol, un pallonetto sull’uscita del portiere avversario. Un gol, oltretutto, a tempo quasi scaduto, pensai mentre mi rivedevo corrergli incontro e poi issarlo sulle spalle insieme agli altri ragazzi.

“E i tifosi?, allora gli dissi. Ti rammenti il corteo dei nostri tifosi per le vie della città? Erano pazzi di gioia, alcuni sventolavano le bandiere tricolori, come avessimo vinto la coppa del mondo, e tutti scandivano il nome che loro stessi ti avevano dato: E-use-bio! E-use-bio!”.

Eravamo seduti su una panchina davanti al mare quando glielo chiesi. Lui guardava il mare e scuoteva la testa. “I ragazzi, i tifosi, le bandiere tricolori”, diceva, forse cercando di ricordare. Poi chiuse gli occhi e disse che avrebbe provato a sognarli, ma solo per farmi piacere perché lui non era più quel campioncino dalla pelle nera soprannominato Eusebio, come il grande attaccante del Benfica, ma uno dei tanti negri venuti a rubare le donne e il lavoro agli italiani.

Lui, disse, che era stato portato in trionfo avvolto in una bandiera tricolore. Ne ebbi così pena che avrei voluto abbracciarlo ma non lo feci. Gli dissi che erano brutti tempi ma che sarebbero cambiati, poi gli diedi cinque euro e mi alzai. Non ricordavo il suo vero nome, né se fosse stato adottato e da chi, ma ogni volta che ci ripenso mi pare di rivederlo quel gol che ci fece vincere la coppa, e lui è lì con suo muso nero avvolto in quella bandiera ed è Eusebio, o forse è così che si sta sognando mentre io mi allontano con la coppa levata al cielo.

Athos Bigongiali
(Questo racconto andrebbe letto con in sottofondo la musica di un fado. Non so se sia possibile ma Punto Radio fa miracoli)

NOTA BENE
==> più in basso abbiamo caricato una canzone di Amália Rodrigues, Fado Português <==