Il goal più bello è il cuore dei bambini che si colora di nerazzurro

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PISA e Provincia
Lunedì, 11 Novembre 2019

L'entusiasmo che più piccoli è la garanzia più grande che il calcio a Pisa non morirà mai

Il 26 agosto 2016 il piena crisi con i Petroni ed i loro accoliti che stavano facendo di tutto per far sparire il calcio a Pisa, scrissi di getto uno dei tanti articoli sulla vicenda. Aveva come soggetto i bambini e il sogno nerazzurro che veniva loro strappato: Quell’alchimia creatasi fra questo Pisa e la città è qualcosa di unico, di speciale. Bisogna tornare alla stagione 1986/87, quella di “Piovanelli, ed è il 2-0” a Cremona per ritrovare un legame così forte fra il pubblico e la sua squadra.

Nel calcio moderno, dove i calciatori si atteggiano a modelli da passarella, Gattuso aveva plasmato sul suo modo di essere la squadra. Nessuno ha mai fatto mancare un autografo, un video, un selfie: la percentuale di pisani under 12 in posa con Varela in città è altissima. Con il dovuto rispetto per gli altri, le prime vittime di Petroni e dei suoi uomini sono proprio loro: i ragazzini.

Nella primavera scorsa si era risvegliato un entusiasmo che a Pisa sembrava sopito, rimandato solo alle memorie degl’anni che furono, con una generazione che per anni ha messo figli e nipoti sulle ginocchia per raccontare loro cos’era il Pisa Sporting Club, di quando si entrava allo stadio alle 10 del mattino e si aspettava di vedere Platini, Gullit, Van Basten, Maradona, ma soprattutto Bergreen e Kieft. Il Pisa di Gattuso ha fatto scendere i ragazzini dalle ginocchia e finalmente gli ha fatto vivere le emozioni che i padri gli hanno raccontato per anni.

Per questo gli adulti si erano così affezionati a questa squadra ed i piccoli innamorati del calcio. Quel calcio che a Pisa aveva saltato una generazione rimasta imprigionata fra le delusioni che stagione dopo stagione si susseguivano dentro e fuori dall’Arena Garibaldi.

Gli ingredienti perché la favola fosse a lieto fine c’erano tutti, la speranza è che le ultime due pagine del libro siano rimaste attaccate, che inumidendosi le dita se ne possa trovare un’altra dove c’è scritto che i cattivi sono stati sconfitti, ma il tempo stringe, e in tutta questa storia quello che non dovrà essere perdonato ai signori di Britaly Post è proprio quello di aver spento sul nascere il sorriso calcistico dei bambini che finalmente erano tornati all’Arena. Loro, restando così le cose, al contrario dei genitori, non avranno nessuna storia a lieto fine da raccontare ai figli che verranno.

Tre anni ed tre mesi dopo è bello andare sui social network e leggere, nella pagina di “Liberato il Pisa" quanto segue: Scrivo quanto segue da fiero padre.

Il mio figlioletto è già stato da me "imbarcato" da tempo sulla folle nave nerazzurra a suon di cori ripetuti in maniera estenuante in casa, video di tutti i tipi e visione di tutte le partite, e sono ben conscio di quali onori ma anche e soprattutto di quanti oneri questa fede porterà al pargolo nella vita in termini di precarietà coronarica e tendenza alla depressione ma anche (ogni tanto) di improvvise gioie che fanno scoppiare il cuore.

Il bimbo ha già assimilato l'essenza più pura dell'essere tifoso del Pisa: il suo idolo non è il giocatore più scontato, non è Marconi né Gucher, sarebbe troppo facile e a noi il facile non è mai interessato.
Certo, Moscardelli lo chiama "il matto" per quella barbona che non può non attirarlo irresistibilmente, ma nemmeno il Capitano è in cima alle sue preferenze.
Il suo idolo indiscusso è un "operaio", uno che appare poco ma "razzola" moltissimo, uno che in campo si fa sempre sentire senza prendersi (quasi) mai il proscenio. E sopratutto non è un attaccante, un bomber, bensì un difensore.
Il suo preferito è Ramzi Aya. Non chiedetemi perché, ma quando lo sente anche solo nominare comincia a urlare il suo nome e a correre per tutta la stanza. Lo adora e basta.

Mio figlio era presente con me sabato all'Arena per Pisa-Spezia, con le sue dodicimila domande al secondo per cercare capire cosa stava succedendo in campo, ma soprattutto per decifrare le smorfie e le imprecazioni di quel babbo che dall'essere in genere quieto e riflessivo sembrava improvvisamente diventato un Charles Manson sotto anfetamina, con la mamma a fianco a cercare di "rassicurarlo" in mezzo alla tempesta che imperversava in campo.

Quando Aya ha dato la capocciata letale per riportare la barca nerazzurra sul 2-2, ho preso in collo il piccolo e non sapevo se stritolarlo dall'abbraccio o lanciarlo direttamente in campo per la gioia... un lampo di lucidità per fortuna ha favorito una semplice quanto smodata esultanza. Il suo idolo ci aveva appena rimesso in carreggiata quando tutto sembrava andare a rotoli, nemmeno un Osvaldo Soriano o un Eduardo Galeano in giornata di grazia avrebbero mai potuto scrivere una "trama" più bella e perfetta.

La sera, ancora ebbri di gioia per il magnifico spettacolo che abbiamo avuto l'onore di condividere sui gradoni dell'Arena solo poche ore prima, era praticamente impossibile farlo smettere dal correre per tutta casa col pallone al piede inneggiando ad Aya, che dialogando con Moscardelli e con "Gucherino" (come lo chiama lui) volava verso la porta (nei fatti quella di casa, ma in questo caso anche quella avversaria) per mettere dentro un altro gol alla squadra che giocava contro il Pisa. Che si chiamasse "Spezia" con relativi insulti ad essa collegati glielo avevo già ripetuto almeno 15 volte, ma a quanto pare non era il dettaglio importante.

Questa serie B va molto al di là del semplice tifo, della semplice soddisfazione di giocare finalmente un campionato "serio" con una squadra in grado di competere in maniera adeguata: è primariamente il mezzo tramite il quale si stanno già forgiando generazioni di piccoli tifosi che nei prossimi decenni gremiranno gli spalti dell'Arena, vecchia o nuova che sia.

Grazie a questa squadra, ancora per una volta nella storia del Pisa SC tanti e tanti bambini pisani possono finalmente giocare a pallone tornando ad immaginare di essere un De Vitis o un Masucci, un giocatore della squadra della loro città invece dei soliti super campioni strapagati delle big abituali.

Mister D'Angelo e giocatori tutti: state creando la generazione di tifosi del Pisa di domani.

Grazie di cuore, da parte di un babbo”.

Le partite sul campo si possono vincere e si possono perdere, con il Livorno siamo stati vittime di una beffa atroce e di una sconfitta che sembrava imperdonabile, ma il Pisa, quello di Luca d’Angelo, di capitan Moscardelli, di Gucher e De Vitis trova sempre il modo di farsi perdonare e due settimane dopo ha fatto il miracolo. No, non quello inteso con i tre punti sottratti allo Spezia, il miracolo è l’amore che questa squadra e questi giocatori riescono a trasmettere ai più piccoli, ai bambini: i punti servono per salvare la squadra, l’amore dei più piccoli salva il calcio a Pisa, qualunque sia la categoria di appartenenza.

 

massimo.corsini