Pisa fuori dalla Società della Salute. Ora c'è anche il voto del consiglio comunale
È arrivato dopo due giorni di lavori. Il sindaco di Pisa Michele Conti: "Modello inefficace". Insorgono le opposizioni: "Nessuna informazione sulla gestione futura dei servizi"
Dopo due giorni di consiglio comunale, la maggioranza che sostiene il sindaco di Pisa Michele Conti, ha votato a favore dell'uscità della città dalla Società della salute Pisa. il consorzio che raccogli tutti i Comuni e gestisce i servizi socio assistenziali d'area.
L'uscita dalla SDS era stata annunciata da tempo, e oggi, giovedì 12 giugno, il sindaco Conti ha anche rilasciato un comunicato tramite l'ufficio stampa del Comune, nel quale spiega le ragioni della scelta e dove definisce la SDS un "modello inefficace".
Dure le reazioni delle opposizioni, espresse nelle note di Diritti in comune, La città delle persone e di Sinistra unita.
Ha scritto Michele Conti, sindaco di Pisa.
"La città di Pisa ha da tempo manifestato la propria determinazione a uscire dal Consorzio della Società della Salute Pisana. Il voto di oggi in Consiglio Comunale rende concreta una strada nuova, lontana dalle inefficienze strutturali, gestionali, amministrative e contabili, che hanno reso evidente l’inadeguatezza di un modello ormai superato. Il recesso del Comune di Pisa dal Consorzio non è un tabù: in Toscana esistono già esperienze di Società della Salute sciolte o trasformate, così come modelli alternativi che si dimostrano più efficaci nel rispondere ai bisogni sociali dei cittadini", così il sindaco di Pisa Michele Conti commenta il voto del Consiglio Comunale che ha approvato, a maggioranza, l’uscita dalla Società della Salute.
"I numeri dimostrano, in maniera inequivocabile – continua il Sindaco -, che la Sds Pisana non riesce a far fronte in modo adeguato ai bisogni dei cittadini, per la responsabilità di scelte che hanno guardato più agli interessi di una parte politica che all’interesse generale. In questi mesi ho ascoltato in silenzio le accuse più strampalate: non corrisponde al vero, per esempio, l’accusa secondo cui Pisa starebbe paralizzando l’attività della SDS. Il Consorzio ha sempre avuto, anche senza il voto del Comune capoluogo, i numeri necessari per approvare atti fondamentali come l’aumento delle quote capitarie, le decisioni gestionali e l’elezione degli organi. Tuttavia, a oggi, non risulta ancora approvato il bilancio previsionale per l’anno in corso; i revisori dei conti hanno rifiutato di esprimere un parere e non è stato trasmesso alcun documento ufficiale relativo al bilancio consuntivo 2024. Sono fatti oggettivi, non opinioni".
"Il bilancio 2023, come noto, si è chiuso con una perdita di 1,6 milioni di euro, derivante da squilibri reali nella gestione corrente. Anche escludendo le poste contestate dal Comune di Pisa – che riguardano crediti di dubbia esigibilità – resta evidente la situazione di forte criticità contabile. Sul ripiano delle perdite, nulla vieta agli altri soci di definire le rispettive quote di competenza, ma ciò non risolve le difficoltà gestionali che si protraggono ormai da anni, e che si manifestano puntualmente anche per il 2024 e il 2025".
"Pensare che sia Pisa – che ha espresso chiaramente l’intenzione di uscire dal Consorzio – a doversi far carico della salvezza di un modello fallimentare è francamente paradossale - continua Conti -. Con oltre il 30% delle quote consortili e circa il 44% della contribuzione, Pisa ha sempre onorato i propri impegni e continuerà a farlo fino al recesso, che auspichiamo possa concludersi entro il 31 dicembre 2025. Ma non è realistico pretendere che chi ha deciso di prendere un’altra strada debba continuare a 'levare le castagne dal fuoco' per tutti".
"I sindaci del Pd, che oggi accusano Pisa di voler danneggiare il Consorzio, da oggi sono liberi di trovare soluzioni operative e gestionali per salvare un modello in cui credono. Pisa ha scelto di costruire un sistema diverso, più efficiente e capace di rispondere in modo concreto e puntuale ai bisogni della propria comunità. E questa strada, la percorreremo fino in fondo, insieme alle associazioni di volontariato e a tutti gli operatori di settore".
Ha scritto Rachele Compare, consigliera comunale, vice capogruppo, Fratelli d’Italia Pisa. Presidente, Seconda Commissione Consiliare Permanente
Con l’approvazione della delibera di recesso del Comune dalla SDS, l’Amministrazione Comunale conferma la scelta di non aderire più alla Società della Salute, ritenendo necessario per Pisa un modello di gestione socio-sanitaria più vicino, efficiente e coerente con i bisogni reali della comunità.
Durante i lavori delle Commissioni e del Consiglio comunale è stato ribadito che l’uscita da una struttura sovracomunale consente maggiore autonomia e prontezza nell’affrontare le emergenze sociali, con politiche calibrate sulle specificità del territorio. «La libertà gestionale permette di ridurre la burocrazia e di intervenire con tempestività dove serve, quando serve».
Il Comune sta già lavorando alla costruzione di una rete socio-sanitaria che valorizzi il contributo delle realtà locali.
Questa scelta rafforza anche i principi di responsabilità e trasparenza: il controllo diretto sull’impiego delle risorse e la possibilità di valutare con maggiore chiarezza i risultati raggiunti sono ora in capo all’Amministrazione.
L’Amministrazione vorrà garantire la piena continuità dei servizi e la tutela occupazionale degli operatori coinvolti, senza lasciare indietro nessuno. «Non é nostra volontà smantellare niente, ma anzi, vogliamo creare un sistema più moderno, efficace ed efficiente. Pisa ha bisogno di un’amministrazione che sappia scegliere e rispondere ed é quello che stiamo facendo».
L’Amministrazione resta disponibile al confronto con tutte le forze politiche e con il mondo associativo, mantenendo ferma la volontà di portare avanti il modello di gestione che la città merita.
Ha scritto Diritti in comune.
Si è conclusa in consiglio comunale la discussione sulla delibera presentata dalla giunta Conti per determinare l'uscita del Comune di Pisa dalla Società della Salute, delibera approvata dalla maggioranza con il nostro voto contrario dopo 2 giorni di ferma e determinata opposizione.
Siamo indignati dalla scelta scellerata della destra pisana che approva una delibera che determinerà un cambiamento epocale senza sapere quale sarà il sistema verso cui andremo: una pura operazione di Palazzo autoritaria, priva di qualsiasi trasparenza e assunta negando la partecipazione al dibattito di chi per quei servizi ci lavora.
Infatti la delibera proposta dalla Giunta Conti, che sarebbe dovuta essere presentata nell'ottobre del 2024, non dice niente sulla futura gestione monocomunale: il vuoto pneumatico condito dalla propaganda. Abbiamo atteso questo atto per capire cosa ne sarà dell'organizzazione dei servizi socioassisistenziali e sociosanitari di così grande importanza per le persone fragili e fragilissime che vivono sul nostro territorio.
Si tratta di tutelare il welfare, e quel che dei servizi pubblici nel nostro paese rimane, e di tutelare il lavoro delle persone che in quei servizi operano rendendoli possibili.
Proprio le assistenti e gli assistenti sociali hanno scritto una lettera al Comune un ultimo tentativo di richiesta di ascolto che la maggioranza ha negato.
La scelta della destra è priva di qualsiasi fondamento giuridico, amministrativo, economico e finanziario. Non è un caso che in 2 giorni di discussione la destra non sia mai entrata nel merito delle questioni. Abbiamo dimostrato che il re è nudo, abbiamo spiegato dettagliatamente l'infondatezza dell'atto, lo abbiamo fatto con circa 100 atti e soprattutto con una precedente proposta di delibera consiliare, bocciata dalla maggioranza in consiglio comunale nelle scorse settimane, con la quale abbiamo disegnato un piano di intervento per modificare radicalmente e potenziare la società della salute.
Per noi, a differenza della destra infatti, certamente i servizi debbono essere pubblici e universali, debbono essere per tutte le persone senza distinzione tra comuni grandi e piccoli e queste scelte politiche devono nascere dalla redistribuzione delle risorse. Altrimenti l'accesso ai diritti diventa un privilegio, quasi una lotteria secondo la logica dei bonus tanto cara all'Assessora Bonanno.
Di ciò che accadrà non sappiamo nulla tranne pochi elementi che nascono dai numeri: il personale non sarà più in grado di lavorare in equipe, le funzioni saranno spezzettate e chi fa l'assistente sociale finirà ad occuparsi di un aspetto della fragilità e non di una persona fragile nel suo complesso. Ugualmente queste persone che dei servizi hanno bisogno dovranno interfacciarsi per ogni aspetto con referenti diverse (chi per la disabilità, chi per l'emergenza abitava, chi per i minori ed esempio).
Non solo.
Quello che sicuramente emerge è che non potranno mai essere garantiti a partire dal 2026 i livelli essenziali delle prestazioni richiesti dalla legge ovvero il parere di un assistente sociale ogni 5000 abitanti. Quindi in sostanza ancor più lavoro per meno personale con evidenti ripercussioni sulla salute di chi lavora e sul funzionamento del servizio.
La scelta della destra insomma non è sostenibile con altra logica se non quella del voler accentrate un potere, anche e soprattutto economico, per poi propendere ad una esternalizzazione dei servizi appaltati a soggetti privati. Perché qui sta il vero nodo; nei rapporti ad hoc che le politiche di esternalizzazione portano con sé.
Il tutto senza la minima preoccupazione per il destino dei comuni più piccoli e con meno risorse, rompendo ogni vincolo solidaristico e cooperativo. È il potere che pensa a come mantenere il potere, senza attenzione verso chi si trova a poche centinaia di metri dal proprio confine. Insomma è il l'individualismo liberista della destra portato alla massima potenza.
La nostra battaglia non finisce qui e rivolgiamo un appello alla città e a tutti i territori vicini. Facciamoci sentire, non abbassiamo l'attenzione e facciamo soprattutto perché chi subirà le peggiori conseguenze sono le persone così fragili che davanti a questa politica appaiano invisibili, e ciò al contrario di quello che la destra ci fa credere con parole vuote e prive di fondamento usate da consigliere e consiglieri di maggioranza oltre che dalla giunta e dal sindaco.
Ha scritto Luigi Sofia, capogruppo Sinistra unita per Pisa - AVS
Dopo un lungo consiglio comunale fiume, abbiamo annunciato il nostro voto contrario alla delibera che sancisce l’uscita del Comune dalla Società della Salute.
Una decisione che giudichiamo grave, ideologica e priva di una reale visione. La Giunta Conti, con questa scelta, smantella una delle esperienze più avanzate di integrazione socio-sanitaria della Toscana, nata dalla cooperazione tra Comuni, Azienda Sanitaria e Regione. E lo fa senza alcuna alternativa credibile, senza un vero piano operativo, senza garanzie per lavoratrici e terzo settore, e soprattutto senza ascoltare il territorio.
Fin dal mese di dicembre, quando nel Documento Unico di Programmazione è emersa la volontà di uscire dalla SdS, abbiamo denunciato l’assenza totale di progettualità.
La maggioranza ha a scelto l’isolamento istituzionale e la gestione solitaria, sorda a ogni richiesta di trasparenza. Così facendo, mette a rischio la tenuta stessa del sistema di welfare cittadino e zonale.
Il ritorno a una gestione monocomunale non è un passo avanti, ma un salto nel vuoto. È la rinuncia a un modello pubblico, cooperativo e territoriale, solidale, senza che siano state spiegate le conseguenze reali né le modalità concrete di transizione.
E oggi, con questo voto, riaffermiamo un principio semplice ma fondamentale: i diritti sociali non arretrano.
Rilanciamo, al termine di questa lunga discussione, quella che è soltanto l’inizio di una grande battaglia.
Ha scritto la lista La città delle persone.
Il gruppo consiliare La Città delle Persone ha presentato tre ordini del giorno in occasione della discussione in Consiglio Comunale sulla delibera relativa al recesso del Comune di Pisa dal Consorzio Società della Salute Zona Pisana, scelta che ha duramente contestato.
I tre documenti depositati – a firma dei consiglieri Paolo Martinelli ed Emilia Lacroce – pongono l’attenzione sulla necessità assoluta di garantire la continuità dei servizi socio-assistenziali e sulla difesa degli obiettivi fondamentali del POA 2024 (Programma Operativo Annuale), approvato dallo stesso Comune di Pisa appena pochi mesi fa.
Il primo ordine del giorno chiede al Sindaco e alla Giunta impegni concreti per assicurare il perseguimento dell’obiettivo “Inclusione sociale e lotta alla povertà”, attraverso il mantenimento integrale di servizi essenziali per persone senza fissa dimora, vittime di tratta, detenuti ed ex detenuti, stranieri in condizioni di vulnerabilità, famiglie in emergenza abitativa e persone in condizioni di povertà educativa ed economica.
Il secondo ordine del giorno insiste invece sulla tutela delle persone anziane e con disabilità e sul progetto di vita, chiedendo continuità nei programmi di assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale, nei servizi di supporto alla mobilità e all’autonomia abitativa e nella promozione della qualità della vita attraverso attività culturali, motorie, relazionali e informative.
Il terzo ordine del giorno riguarda la tutela del benessere delle famiglie e dei minori, sottolineando l'urgenza di interventi per bambini e ragazzi in situazioni di disagio. Il documento richiama la necessità di potenziare l’efficacia della presa in carico territoriale, valorizzare l'affido familiare, sostenere la genitorialità fragile, rafforzare il lavoro del Centro Affidi e Adozioni e garantire la continuità dei progetti a favore dei minori stranieri non accompagnati. Si chiede inoltre un impegno preciso alla Direzione Sociale per potenziare le risorse professionali e favorire un coordinamento e monitoraggio stabile con il Terzo Settore in coprogrammazione e coprogettazione.
“Uscire dalla Società della Salute significa rompere un sistema integrato, sperimentato e funzionante, che mettendo insieme le risorse garantisce più e migliori servizi di quanto possa fare un singolo comune, senza aver ancora predisposto un’alternativa chiara e affidabile. È una scelta grave, che rischia di lasciare senza risposte migliaia di persone in condizione di bisogno – dichiarano Martinelli, Lacroce e Gionfriddo –. Con i nostri atti vogliamo salvaguardare la tenuta sociale e chiediamo garanzie precise: nessun taglio ai fondi, nessuna perdita di competenze, nessun passo indietro rispetto a servizi fondamentali per le fasce più fragili della città. Serve – concludono i consiglieri – potenziare la Direzione Sociale con risorse e professionalità adeguate, ma soprattutto serve visione e capacità di governo. Non si smonta un sistema che funziona senza avere prima pronto un modello alternativo e condiviso. È svilente la bocciatura ed il silenzio nel dibattito della maggioranza che quando intervenuta ha mostrato di non avere di idea della materia"
Ha scritto Giovanni Russo, segretario Pd di Cascina.
“L’uscita del Comune di Pisa dalla Società della Salute (SdS) è un fatto grave, una scelta ideologica che punisce i cittadini pisani e quelli dei comuni appartenenti al consorzio. Non esiste alcuna evidenza o studio che giustifichi l’uscita dal consorzio, anzi è vero il contrario. Lo stesso Comune di Pisa, insieme a quello di Cascina guidato dall’ex Sindaca Ceccardi, furono costretti a tornare indietro dopo aver preso atto delle conclusioni dello studio Zancan. Che cosa è cambiato? Niente, è una decisione miope che ha l’unico scopo di rompere il patto solidaristico tra i Comuni.
La decisione avrà inoltre inevitabili ripercussioni sul terzo settore e sulle associazioni che adesso chiedono giustamente spiegazioni e lumi su quanto accadrà ai servizi.
La preoccupazione non può che riguardare le persone che da sempre hanno trovato risposte grazie ai servizi e ai progetti promossi dalla Società della Salute, sono loro il bersaglio principale di questa nefasta decisione. Il Sindaco Conti, dopo aver usufruito di servizi mai pagati all’SdS decide di abbandonare la nave. E’ paradossale però che il Comune socio con il più alto debito verso il Consorzio decida di lasciare per la squilibrio finanziario del 2023. Le ragioni sono altre: nel modello di governo della destra, a partire dal Governo Meloni fino alle amministrazioni locali, lo stato sociale è un peso, un costo da ridurre che può essere sostituito dall’erogazione di qualche bonus o voucher. Distruggere un sistema integrato per tornare all’erogazione diretta da parte del Comune è una scelta anacronistica ed inefficiente, la modalità associata rappresenta invece una garanzia di maggiori e migliori servizi. Non si può non capire e proprio per questa ragione, la decisione del Comune di Pisa è ancora più grave"
Ha scritto Michelangelo Betti, sindaco di Cascina.
Da mesi la Società della Salute Pisana si trova al centro di un dibattito politico lontano dai cittadini, che mina però la stabilità di servizi essenziali e destinati prevalentemente alla fascia più fragile della popolazione.
Chi ricopre un incarico istituzionale, a qualsiasi livello, ha enormi responsabilità a partire da una corretta e chiara comunicazione dei fatti alla cittadinanza al fine di tutelarne interessi e bisogni. Sono gravi e quanto di più distante dalla realtà, ma soprattutto dai bisogni delle persone, le dichiarazioni uscite dal Comune di Pisa sui motivi che hanno portato a deliberare l’uscita dal Consorzio. Non è di certo lungimirante la scelta politica e quindi si presentano considerazioni tecniche di esile fondamento. Che si tratti di scelta politica lo dimostra l’intervista di poche settimane fa di Edoardo Ziello, in cui il deputato afferma che l’uscita dalla SdS risale al 2017 e che quindi niente ha a che vedere con le attuali difficoltà del Consorzio. Difficoltà aggravate da un’azione di destabilizzazione messa in campo negli ultimi mesi dal Comune capoluogo.
Dalla fine del 2024 la giunta pisana ha scelto per due volte di votare contro l’aumento della quota capitaria, determinando di fatto l’interruzione di alcuni storici progetti della SdS Pisana. Progetti salvati con il subentro dello stesso Comune nei servizi, con l’unica differenza di avere tutti i costi a loro carico e con il rischio di perdere quella professionalità maturata negli anni e che solo una corretta integrazione tra i servizi sociosanitari e socioassistenziali riesce a garantire.
Va anche chiarito che il Consorzio senza il Comune capoluogo non ha la maggioranza utile per deliberare un aumento strutturale della quota capitaria: gli atti fondamentali che ne regolano l’attività non lasciano spazio a dubbi. Pisa ha inoltre scelto di sfuggire il confronto istituzionale tra gli enti, preferendo rivolgersi alle aule dei tribunali, peraltro negando il pagamento di quanto dovuto per servizi già erogati ai cittadini e precludendo la possibilità di aumentare le risorse a disposizione per migliorare la quantità e la qualità dei servizi agli altri Comuni del Consorzio.
Nessuno ha chiesto a Pisa di farsi carico della “salvezza del Consorzio”, l’unico appello rivolto in questi mesi è stato un invito alla collaborazione e al rispetto istituzionale nell’interesse della salvaguardia dei servizi e conseguentemente dei diritti delle persone a cui questi sono rivolti e dei tanti lavoratori e lavoratrici che svolgono con competenza e professionalità le tante attività.
Non è fondato dire che Pisa ha sempre onorato i propri impegni. Se questo fosse vero, il deficit patrimoniale del Consorzio sarebbe certamente inferiore, dato che il Comune di Pisa negli anni passati ha usufruito di servizi su delega diretta e non associata che ad oggi ancora non trovano copertura economica.
Infine le ripetute assenze del Comune dalle assemblee degli ultimi mesi hanno determinato uno stallo di programmazione riconducibile all’impossibilità di trovare un accordo sul piano di rientro, seguendo il dispositivo del regolamento di contabilità del consorzio secondo cui tale rientro debba avvenire tramite “apposito accordo con le Amministrazioni Comunali volto ad identificare i maggiori trasferimenti dai medesimi Enti”.