Un mese d’inferno, con il Covid tra la vita e la morte

Cronaca
PISA e Provincia
Lunedì, 30 Agosto 2021

La storia di Gian Mario Scanu ricoverato a Pisa dal 29 aprile al 29 maggio 2021. "Ringrazio tutto il personale medico per la professionalità e l'empatia dimostrata. Vaccinatevi, può salvarvi la vita"

Tutto ha avuto inizio il 29 aprile 2021, con l’ingresso in ospedale. Pochi giorni prima, sabato 24, alcuni sintomi avevano fatto scattare il campanello d’allarme, ma nulla, proprio nulla, poteva indicare quel che sarebbe accaduto nel mese successivo.

Gian Mario Scanu, 43 anni, dipendente dell’ufficio comunicazione del Registro.it del Cnr di Pisa dal 2012 e collaboratore di Punto Radio e della trasmissione Aula 40, nelle ore convulse precedenti al ricovero ospedaliero, aveva anche avuto un “mancamento”. Delle difficoltà respiratorie che lo avevano portato a fare un test di controllo, risultato positivo al Covid-19.

Gian Mario Scanu si era quindi rivolto al medico di base che subito lo aveva indirizzato all’ospedale di Cisanello e alla possibile terapia con i “monoclonali”.

“Sono stato subito ricontattato dall’ospedale – racconta Scanu - e una volta arrivato lì, giovedì 29 aprile, i medici hanno diagnosticato una polmonite interstiziale già in corso, su entrambi i polmoni. Ero compromesso, non potevo fare la terapia monoclonale e mi hanno ricoverato. Non ero pronto. Ho passato i primi due giorni a Cisanello, poi le cose si sono complicate”.

Le prime 48 ore da paziente Covid di Gian Mario Scanu sono passate lentamente, in terapia sub-intensiva e con un ventilatore polmonare infilato direttamente in bocca: “Una macchina – spiega - che mi permetteva di respirare, ma che allo stesso tempo seccava tutte le mucose dandomi una sensazione di sete incessante, per quasi tutto il giorno”.

Oltre al ventilatore la terapia prevedeva anche l’uso massiccio di Eparina e di Cortisone.

“Sì ma non ebbe effetto – continua Gian Mario Scanu – e la mattina del Primo Maggio mi sono risvegliato con 40 e mezzo di febbre. Stavo veramente male. Una situazione che ho vissuto sempre da vigile, cosciente, con pensieri anche molto negativi sulla mia salute e sulla possibilità di non riuscire a cavarmela. Mi avevano detto che la polmonite era molto grave, ciò che più mi colpiva, però, erano le diverse espressioni del personale sanitario che mi accudiva. Da lì, il pomeriggio, i medici decisero di trasferirmi nella terapia sub-intensiva del Santa Chiara”.

Il trasferimento nel secondo centro ospedaliero pisano era stato deciso per una serie di motivi, primariamente per tentare la terapia con il “casco”.

“Con quel macchinario calato sulla testa la respirazione era più semplice, inizialmente ho comunque dovuto abituarmi. Appena messo ho avuto una claustrofobia fortissima e non volevo assolutamente portarlo. Una volta abituato ho potuto constatare che era anche migliore del ventilatore usato a Cisanello”.

Fin dall’inizio dell’incubo Gian Mario Scanu è stato costretto a letto, impossibilitato a fare qualsiasi movimento.

“Oltre al catetere, alla febbre alta, al casco e alla terapia farmacologica che mi stavano iniettando in vena, il primo giorno di Santa Chiara l’ho passato anche con un sondino. Insomma, la situazione era gravissima. I medici mi hanno riferito del mio stato solo dopo un paio di giorni dall’inizio della ripresa, ma ero ben consapevole che rischiavo il trasferimento al secondo piano, che ero a un passo dall’intubazione e dal coma farmacologico indotto. L’ultima azione possibile prima della morte”.

Il Covid-19 approfitta di difese immunitarie basse, si annida nei polmoni e mentre è attivo, può scatenare altre patologie, anche gravi.

“Lì al Santa Chiara – insiste Scanu - ho passato una settimana in prognosi riservata, perché alla polmonite interstiziale era subentrata un’embolia massiva al polmone, una complicazione rara, ma dovuta al Covid. Per contrastare i trombi conseguenti a questa complicazione, sono stato sottoposto per 10/15 giorni a dosi massicce e a ciclo continuo di Eparina (un anticoagulante ndr). Tanto che ad un certo punto, prima che la terapia fosse ridotta, “scoagulavo” e mi svegliavo nel letto completamente ricoperto di sangue”.

L’embolia era stata arginata.

“Sì, da quel punto in poi, prima sono passato a iniezioni di Eparina e non più alla terapia in vena e dopo 4 giorni circa, mi hanno anche tolto il “casco” per la ventilazione. Il peggio era passato, dopo 20 giorni di terapia sub-intensiva, mi hanno inserito delle cannule a flusso continuo, poi ho iniziato ad usare la “maschera” per l’ossigenazione e contemporaneamente, un paio di volte al giorno, sono tornato a sedermi in poltrona con delle cannuline al naso”.

Dal Santa Chiara i medici decidono il nuovo trasferimento a Cisanello, ma questa volta nel reparto di Medicina 5: “Lì mi hanno rimesso in sesto prima della definitiva dimissione del 29 maggio, un mese dopo l’inizio dell’incubo”.

Ancora oggi, a circa tre mesi dalla sua dimissione dall’ospedale, Gian Mario Scanu è sottoposto a terapia farmacologica e all’assunzione di un anticoagulante (almeno fino al prossimo novembre ndr).

“Sto bene – dice – sono tornato alla vita lentamente, prima con pochi passi in casa, poi con brevi camminate, seguite da passeggiate sempre più lunghe fuori. Ho avuto per diverso tempo difficoltà a fare sforzi, ma posso dire di stare bene e di essermela cavata”.

“Una delle sensazioni peggiori, comunque, a parte quella di poter morire e la distanza dagli affetti, l’ho provata quando hanno intubato altri pazienti che erano in terapia sub-intensiva con me. Vederli salutare i propri cari al telefono prima del salto nel buio è stato davvero straziante”.

Infine Gian Mario Scanu fa un appello a chi non si è vaccinato.

“Ero già convinto del vaccino ed oggi lo sono ancora di più, solo che al tempo della mia malattia la vaccinazione non era ancora aperta alla mia fascia di età. A chi ancora non lo ha fatto dico vaccinatevi. Il mio appello è rivolto soprattutto ai 50enni. Fatelo, può salvarvi la vita”.

L’ultimo pensiero di Gian Mario Scanu è per i medici e per il personale ospedaliero.

“Ci tengo a raccontare della grande professionalità dimostrata da tutte le persone che mi hanno avuto in cura. Medici, Oss, infermieri del Santa Chiara e di Cisanello sono stati davvero eccezionali, sia per professionalità che per umanità ed empatia. Spesso si sente parlare di malasanità, ma in realtà, qua a Pisa, abbiamo la fortuna di avere veramente delle strutture e del personale sanitario straordinario”.

Fonte foto Iit-Cnr

carlo.palotti